Editoriale; Salvini a Pistoia l’8 settembre: 5 motivi per non contestarlo
NewTuscia – Toscana (PISTOIA): Quarantotto ore fa abbiamo appreso la notizia: nel giorno in cui si celebra l’anniversario della liberazione della città, Matteo Salvini sarà a Pistoia in Piazza Duomo, insieme a Susanna Ceccardi, per fare campagna elettorale in vista delle elezioni regionali. Subito, tramite i social, qualcuno ha paventato la possibilità di dar vita ad una contestazione. Non sarebbe la prima volta che accade: spesso, dove giunge il leader leghista, un gruppetto di ‘pasionari’ di differente estrazione politica si raduna e, in forme e modalità differenti, contesta l’ex ministro dell’Interno. Una pratica, a nostro modo di vedere, scorretta e da non replicare nel contesto cittadino.
Prima di spiegare il perché di questa nostra posizione chiariamo un punto: chi scrive non ha particolari simpatie per alcun partito politico. Non siamo giornalisti militanti e non guardiamo di buon occhio chi vuole esserlo: riteniamo che il giornalismo, per svolgere al meglio la propria funzione, debba avere una natura indipendente che, di fatto, impedisca qualsiasi fraternizzazione con questo partito o quel movimento politico. Ecco quindi che riteniamo irricevibile l’idea di una contestazione organizzata, per almeno cinque fondamentali motivi.
Punto primo: chiunque deve essere libero di esprimere una propria idea. E ciò deve poter essere fatto liberamente, senza timori ed in piena libertà. La nostra Costituzione su questo è chiara: ogni opinione politica deve essere egualmente accettata: certo, può esserci una opposizione di sorta. Vi possono essere istanze ritenute irricevibili dalla società civile e dall’associazionismo di varia natura. Ma noi riteniamo, pur avendo molte idee che si discostano dal Salvini pensiero, che lo stesso ex ministro abbia la piena libertà di esternare quello che pensa. Un adagio diceva: “non sono d’accordo con te, ma lotterò per il tuo diritto di dire ciò che pensi”. Appunto.
Il secondo aspetto è ancora più immediato: da troppi anni assistiamo a battaglie politiche che vengono condotte contro qualcuno, più che per valorizzare una propria, legittima, idea: nel 2016 in molti hanno votato ‘no’ al Referendum Costituzionale per mandare a casa Matteo Renzi; quest’anno, il 20 e il 21 settembre, molti di coloro che voteranno contro il taglio dei Parlamentari lo faranno per indebolire il M5S. Troppo spesso fare politica è diventato un vuoto esercizio volto a screditare l’avversario di turno, piuttosto che promuovere istanze sentite da varie parti dell’elettorato. Questa stortura non fa altro che indebolire più di quanto già non lo siano gli organi rappresentativi, incentrando il dibattito pubblico su persone fisiche, più che su idee e concetti. Se è vero che ‘gli uomini passano, gli ideali restano’ si comprende come tale atteggiamento possa risultare pernicioso.
Terzo aspetto: Matteo Salvini a Pistoia arriva l’8 settembre. Cosa rappresenta l’8 settembre per la nostra città? Rappresenta la fine dell’occupazione e della dittatura. Rappresenta la fine di un periodo in cui il dibattito pubblico non era concesso, perché chi non la pensava come il regime veniva preso, arrestato e fucilato. Molto spesso si ricorda, talvolta a sproposito, che la nostra Costituzione è antifascista. Cosa significa? Quale dovrebbe essere il significato della Liberazione? Della Resistenza? I ragazzi della Fortezza, coloro che hanno dato la vita per una nazione ancora da creare, non volevano forse pluralismo e libertà? Che si agisca di conseguenza.
C’è anche un altro aspetto, il quarto, che è rappresentato dal galateo politico ed istituzionale. Attenzione: le contestazioni fanno parte del dibattito pubblico italiano, non lo si può negare. C’è un però: le monetine lanciate a Craxi fuori dall’hotel Raphael, i fischi a politici di varia estrazione durante i funerali di Carlo Alberto Dalla Chiesa, di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino e di tanti altri, i ‘buu’ e i ‘vaffa’ rivolti a politici di centro, di destra e di sinistra che entravano e uscivano dal Parlamento, sono avvenuti in situazioni neutre, non come appendice di comizi politici. Quale può essere il senso di trovare ad una manifestazione elettorale di un partito X, esponenti di un partito Y? Per carità: evviva il pluralismo: ma in piazza con il leader della Lega ci saranno le persone che gli sono favorevoli, logicamente. Altrimenti non si fa altro che contribuire al becerume a noi contemporaneo, cadendo in un vortice di polvere in cui non si può che vedere siccità. Siccità di etica politica.
Il punto numero cinque è un aspetto che la sinistra dovrebbe aver imparato meglio di chiunque altro: andare contro senza proporre una propria visione, un proprio progetto politico, una propria idea sul mondo che si vuole, è follia pura. La formula per cui ‘quelli di destra sono brutti, cattivi e un po’ fascisti, votate per noi’ non è più spendibile. Pistoia è un esempio paradigmatico di questo: basti ricordare le elezioni del 2017. E quello schema si sta riproponendo adesso, per queste elezioni regionali: tutti, da sinistra, sono bravissimi a spiegare perché non si debba votare Susanna Ceccardi (e quindi Matteo Salvini). Ma poi, quando si chiede di fare un passo in più, quando si chiede di spiegare perché, allora, si dovrebbe preferire Eugenio Giani, cala un imbarazzante silenzio. E la verità è presto detta: Giani è l’ultima scelta imposta al PD da un kamikaze politico di prima categoria: Matteo Renzi.
“E allora – potrebbe chiedere un lettore di sinistra – cosa dovremmo fare noi? Accettare tutto questo? Subire passivamente la presenza di Salvini e della Ceccardi? Dove sta il nostro diritto e la nostra libertà di espressione?”. La risposta è semplice: se queste righe fossero state scritte cinque giorni fa, avremmo risposto così:”fatevi una vostra piazza. Una piazza in cui vi sentiate a casa, in cui non preoccuparsi di quello che succede a tre, quattro, cinquecento metri da voi. Una piazza dove essere voi stessi, parlare di voi stessi, magari anche contarvi e riconoscervi, visto che molti sembrano essere smarriti”. Purtroppo però, ormai, è tardi e l’idea, che più che ad un giornalista dovrebbe venire a quei dirigenti di partito troppo impegnati a fare campagna elettorale per i singoli più che per una comunità, non è più attuabile. Mancano, banalmente, i tempi tecnici. Ma se una cosa ci ha insegnato il lockdown è stata la volontà di recuperare la sacra arte di arrangiarsi: chi scrive ha almeno due idee, ma non le troverete in queste righe. Tutto questo ha però un presupposto di fondo: si deve avere qualcosa da dire. Altrimenti, banalmente, si dovrà restare in silenzio, osservando le piazze altrui e magari chiedendosi per quali motivi prima esse erano rosse ed oggi sono blu.