Alla fine arriva il lockdown provinciale: Pistoia e provincia in zona rossa
NewTuscia Toscana – PISTOIA – Sebbene fosse del tutto evidente a chiunque avesse letto i dati pubblicati e commentati dagli istituti scientifici e da molti giornali, l’istituzione della zona rossa per la provincia di Pistoia è stata comunque accolta come un’infausta notizia. Annunciata dal Sindaco Alessandro Tomasi nella giornata di giovedì 25 febbraio tramite un post su Facebook, il temuto lockdown localizzato si è infine realizzato: la provincia rimarrà in zona rossa da sabato 27 febbraio al 7 marzo, al momento per una settimana, per poi valutare sul finire della scadenza ulteriori dati. Chi scrive si accoda comunque al coro di quanti annunciano una permanenza sicuramente maggiore nella fascia di rischio più alto, poiché i dati analizzati dall’ISS sono su base settimanale, e appare pertanto inverosimile e quasi ingenuo sperare in un così roseo miglioramento nei dati dei nuovi positivi in soli sette giorni.
Come sempre questi duri – ma necessari – provvedimenti giungono assieme ad un coro imbufalito di proteste e reprimende varie che i cittadini animati da diverse passioni e intenti riversano sulle amministrazioni locali: a sua difesa il Sindaco Tomasi ribadisce di continuare ad operare con la stessa attenzione finora dimostrata, preferendo focalizzarsi su “una maggioranza [di cittadini, ndr] che rispetta ogni regola, con enormi sacrifici, da un anno.” Tomasi riafferma poi l’inefficacia di provvedimenti localizzati: “Lo abbiamo sempre detto: i provvedimenti presi a livello di singoli territori, i provvedimenti “spot”, sono poco efficaci.”, e assieme a questi considerazioni, come a ratifica della propria correttezza scientifica, pubblica anche due tabelle che illustrano come in realtà i dati della provincia siano sopra la media a livello regionale ma non a causa del comune di Pistoia, che si trova nella parte più bassa di questa, con circa 233,5 nuovi positivi per 100.000 abitanti, ma piuttosto per colpa degli incrementi assolutamente esagerati di altri comuni.
Ora, al di la della facile retorica politica e oltre ogni strumentalizzazione possibile appare chiaro che in una situazione che si è nuovamente aggravata a livello nazionale e persino oltre – anche a causa delle famose nuove varianti di Covid più contagiose – la ricerca del capro espiatorio da esibire alla gogna della pubblica piazza è una tentazione alla quale sfuggire tutti quanti. Sicuramente in tema di controlli anti movida si sarebbe potuto agire con più decisione (che la zona della Sala, ad esempio, sia spesso stata zona franca rispetto a questi, è ormai un dato di fatto), ma ciò che non ha ben funzionato a livello locale è solo l’ultimo anello di una catena del comando che si è spezzata molti mesi fa, quando le istituzioni nazionali e regionali non furono in grado di anticipare la nuova ondata, pur avendo mesi di vantaggio, con decisioni strategiche importanti ed efficienti. A questo punto serve coesione sociale e responsabilità individuale, prima ancora che pubblica.
Nella speranza che possano essere virtù sufficientemente comuni e che i provvedimenti presi, pur sempre in colpevole ritardo, ci risparmino altri lunghi mesi di chiusura, divieti e privazioni.